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Computer Vision Syndrome (CVS) e Luce Blu: come difendersi

Computer Vision Syndrome (CVS) e Luce Blu: come difendersi

Questo articolo è un estratto del corso di aggiornamento Computer Vision Syndrome e affaticamento da Luce Blu: Informazioni e metodologie di contrasto che ho organizzato in alcune aziende dove lavoro con l'obiettivo di informare dipendenti, funzionari, dirigenti e collaboratori dei rischi che si corrono in conseguenza dell'esposizione prolungata agli schermi basati su tecnologie di retroilluminazione a LED.

Sia i contenuti del corso che quelli illustrati nel corso di questa panoramica sono suddivisi in due categorie: cosa si intende per CVS (Computer Vision Syndrome, ovvero Sindrome da Visione al Computer) e quali contromisure adottare per contrastarla nell’utilizzo quotidiano dei dispositivi elettronici quali Computer, Tablet e Smartphone.

Introduzione

Il termine CVS, acronimo per Computer Vision Syndrome (Sindrome da Visione al Computer nella traduzione italiana), definisce una particolare tipologia cronica di affaticamento provocata dall’utilizzo prolungato di schermi elettronici e, in particolare, degli effetti di un particolare tipo di luce blu intensa emessa da questo tipo di dispositivi. Questa sindrome Insorge solitamente negli individui che sono soliti trascorrere più di 7-8 ore al giorno davanti ad uno schermo. Prima di addentrarci in questa panoramica è bene chiarire che, benché il termine CVS sia stato coniato per riferirsi in modo specifico agli effetti degenerativi della luce blu sulla retina, nel corso di questo articolo coglieremo l'occasione per ricordare anche una serie di ulteriori controindicazioni determinate dall'utilizzo prolungato dei videoterminali, alcune delle quali anche riconosciute a norma di legge: benché non si tratti di problematiche ascrivibili alla CVS è comunque opportuno cogliere l'occasione per ricordarle, così da includerle all'interno di un discorso generale di tutela della salute durante l'attività lavorativa, ludica e ricreativa.

Descrizione

La maggior parte degli schermi elettronici oggi in commercio, tra cui la totalità dei display LED e LCD, emettono quantitativi considerevoli di luce blu: recenti studi hanno stabilito che l’esposizione prolungata di questa luce è fonte di stress ossidativo sulla pigmentazione retinica dell’occhio, col risultato di inibire la naturale secrezione di melatonina, stimolata dai colori rosso-arancio tipici del tramonto. Questa anomalia ha l’effetto di disturbare il ritmo circadiano e celebrale, favorendo l’insorgere dell’insonnia e affaticando la vista.

L’impatto negativo della “luce blu” risulta particolarmente forte nella seconda parte della giornata: la melatonina viene sintetizzata soprattutto in assenza di luce dalla ghiandola pineale; poco dopo la comparsa dell'oscurità, le sue concentrazioni nel sangue aumentano rapidamente e raggiungono il massimo tra le 2 e le 4 di notte per poi ridursi gradualmente all'approssimarsi del mattino. L'esposizione alla luce durante quel periodo, soprattutto alla lunghezza d'onda blu tra 460 e 480 nm, inibisce la produzione della melatonina e favorisce l’insorgere di numerosi sintomi indesiderabili che, nel corso degli anni, possono diventare cronici.

Sintomatologia

I sintomi più comuni della stanchezza cronica da schermo elettronico si manifestano solitamente in un periodo compreso tra 1 a 3 anni dopo una esposizione prolungata alla luce blue, e comprendono:

  • Affaticamento della vista
  • Secchezza oculare
  • Stanchezza (astenia)
  • Senso di pesantezza
  • Perdita di lucidità
  • Dolore al collo (cervicalgie)
  • Senso di vergini
  • Visione offuscata e/o disturbata (difficoltà nel mettere a fuoco le cose)
  • Nausea
  • Insonnia e altre alterazioni del ritmo circadiano (difficoltà a prendere sonno e/o a svegliarsi negli orari corretti)

Questi sintomi derivano dalle seguenti concause: sforzo oculare, connesso alla necessità di mantenere il “focus” sulle immagini, in particolare sul testo presente sullo schermo (lettura); carenza di melatonina, provocata dall’esposizione prolungata alla luce blu secondo quanto descritto sopra; sforzo muscolare, connesso ad eventuali posture non corrette del collo, spesso collegate al posizionamento non corretto del monitor (o del dispositivo) rispetto alla testa durante l’attività.

Effetti di lungo periodo

La Sindrome da Visione al Computer, come suggerisce il nome, è un disturbo direttamente collegato all’utilizzo prolungato di prodotti tecnologici. Nella maggior parte dei casi, chi va incontro ai sintomi sopra descritti sviluppa una progressiva “intolleranza” all’utilizzo di questi dispositivi, non essendo più in grado di sostenere i ritmi precedenti. Trascorrere tempo davanti a uno schermo diventa progressivamente più stancante, e quindi più difficile, in quanto i sintomi principali – stanchezza, secchezza oculare, visione sfocata - cominciano a insorgere molto rapidamente (dopo 30/60 minuti di utilizzo). Recenti studi illustrano come questo tipo di difficoltà le difficoltà continuino a manifestarsi anche dopo anni, specialmente in concomitanza con altri disturbi oculari, neurologici o muscolo-scheletrici.

Secondo uno studio pubblicato recentemente sulla rivista “Nature”, l’esposizione prolungata alla luce blu provocherebbe danni oculari irreversibili, provocando la formazione di molecole chimiche tossiche per la retina, che favoriscono il rischio di maculopatia degenerativa senile. Il gruppo di ricercatori dell’Università di Toledo nell’Ohio (USA), autori dello studio, spiegano che né la cornea né il cristallino dell’occhio riescono a bloccare o a riflettere efficacemente questo tipo di luce: per questo motivo, l’esposizione prolungata provoca la formazione di molecole chimiche tossiche per le cellule fotorecettrici, che costituiscono il tessuto fotosensibile della retine: queste cellule, una volta distrutte, non possono essere rigenerate dall’occhio, provocando un danno permanente al meccanismo che consente la trasmissione delle informazioni visive al cervello. 

Contenimento, protezione e prevenzione

Per proteggersi dai numerosi effetti negativi della CVS esistono ad oggi numerose contromisure considerate efficaci, tra cui:

  • Utilizzare schermi che non mettano in difficoltà la vista e che permettano invece di avere una visione chiara.
  • Posizionare lo schermo alla distanza corretta, che può variare a seconda della persona ma è solitamente tra i 50 e i 70 centimetri dal viso, così da non sforzare gli occhi.
  • Posizionare lo schermo all’altezza corretta, che grossomodo corrisponde al centro del monitor posto a 10-20 centimetri sotto la linea degli occhi: in questo modo si riduce notevolmente il carico di stress muscolare sul collo, consentendo a quest’ultimo di assumere una posizione naturale e rilassata senza eccessive inclinazioni verso il basso o verso l’alto. Questo tipo di posizionamento è favorito dai cosiddetti “monitor stand”, appositamente disegnati per sollevare il monitor dalla scrivania del numero dei centimetri necessari all’ottenimento di queste proporzioni.
  • Regolare le impostazioni di luminosità dello schermo in modo che non sia l’unica fonte di luce presente nella stanza: al tempo stesso, la luce ambientale dovrebbe essere indiretta, schermata e il più possibile calda. Nel caso in cui la stanza in cui si lavora sia particolarmente esposta alla luce del sole è opportuno applicare delle tende alle finestre o utilizzare delle persiane per ridurne la luminosità.
  • Prevedere delle pause regolari all’utilizzo degli schermi. Prevedere pause regolari durante sessioni prolungate di utilizzo di qualsivoglia videoterminale è certamente un buon modo per prevenire l’insorgere di numerosi sintomi della CVS. In Italia è a tutt’oggi in vigore il dlgs 81/2008 in attuazione all’articolo 1 della legge 123/2007, in base al quale - per scongiurare i rischi per la salute (vista, postura e affaticamento) connessi all’attività lavorativa tramite videoterminali - vige l’obbligo per il datore di lavoro di tutelare i dipendenti con misure ad hoc e con interruzioni di un quarto d’ora ogni due ore, mediante pause o cambiamento di attività di lavoro.

Le contromisure descritte sopra vanno intese come best practices da seguire nei casi di utilizzo prolungato dei videoterminali nel corso della giornata, a prescindere dalla CVS: l’esempio più comune corrisponde al il periodo di attività lavorativa, ma è consigliabile seguire le medesime raccomandazioni anche per utilizzi ludici e ricreativi degli schermi (videogiochi, chat, fruizione di video, lettura, etc.).

Per quanto riguarda le misure di prevenzione e contrasto degli effetti direttamente ascrivibili alla luce blu, esistono tre ulteriori accorgimenti che è opportuno menzionare.

  • Utilizzare degli occhiali con lenti dotate di filtro luce blu. Da diversi anni sono in commercio alcune lenti trattate in modo particolare per proteggere l’utilizzatore dai raggi di luce blu (380-500nm) che vengono emessi dai dispositivi digitali: questo trattamento è compatibile anche con lenti graduate, e può aiutare a schermare attivamente l’occhio dagli effetti deleteri della luce blu. La principale controindicazione di questo accorgimento è legata al fatto che i trattamenti di schermatura che risultano più efficaci hanno ad oggi l’effetto di “ingiallire” l’immagine, provocando una alterazione dei colori percepiti.
  • Utilizzare un dispositivo (monitor PC, smartphone, tablet) che preveda la possibilità di regolare la temperatura del colore nelle impostazioni, così da applicare un filtro in uscita a livello hardware: i monitor più recenti sono dotati di funzionalità specifiche (Blue Light Filter) che consentono di regolare la temperatura del colore in vari modi, aumentando o riducendo l’emissione di luce blu a seconda dell’attività effettuata dall’utente. Anche in questo caso, ovviamente, tale accorgimento provocherà una alterazione dei colori percepiti direttamente proporzionale all’intensità del filtro, ovvero alla riduzione del quantitativo di luce blu emesso per comporre i colori.
  • Installare e utilizzare un software apposito per il controllo della temperatura del colore, che consenta di risolvere il problema tramite software. Questo approccio consente di ridurre le emissioni di luce blu in assenza di un filtro hardware e in alcuni casi può rivelarsi anche superiore a quest’ultimo in quanto consente la possibilità di pianificare una regolazione automatica e incrementale del filtro a seconda degli orari della giornata. Tra i numerosi applicativi software che possono essere utilizzati a tale scopo, vi sono: le impostazioni luce notturna di Windows 10; il software f.lux, installabile gratuitamente su qualsiasi dispositivo Windows; il filtro luce blu, presente nelle ultime versioni del sistema operativo Android.

Questo tipo di accorgimenti è particolarmente efficace nell’ultima parte della giornata, ovvero nelle ore che precedono il riposo notturno, per i motivi legati al ritmo circadiano e alla produzione naturale di melatonina spiegati nei paragrafi precedenti.

Computer Vision Syndrome (CVS) e Luce Blu: come difendersi
I quattro livelli del Blue Light Filter (filtro anti-luce blu) presente nella maggior parte dei monitor ASUS prodotti negli ultimi anni. Come si può vedere, ogni filtro si presta maggiormente a un utilizzo specifico e/o è maggiormente adatto in determinate situazioni di luminosità ambientale.

Conclusioni

Per il momento è opportuno fermarsi qui: in un articolo di prossima pubblicazione ci occuperemo di analizzare in dettaglio le contromisure software che abbiamo menzionato poco sopra e che consentono, se configurate in modo opportuno, di limitare gli impatti deleteri della luce blu riducendone sensibilmente l'emissione.

 

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